Il Pane delle Vacanze

di Marina Amaduzzi

La piadina, il pane dell'estate degli italiani.
Perlomeno di quelli che affollano la Riviera romagnola, lungo quella striscia di sabbia che da Ravenna arriva fino a Cattolica.
Italiani, ma anche stranieri, accompagnano i ricordi delle vacanze con il sapore fragrante di quella spianata di farina, strutto, acqua e sale, companatico valido per ogni tipo di pranzo.

La piadina romagnola non conosce crisi, non passa mai di moda, anzi, lo diventa sempre di più, tanto che in molte città partono le "piadinerie".
Sul lungomare, invece, i chioschi sono tantissimi, disseminati ovunque, agli angoli strategici delle strade, lungo la statale che corre parallela alla spiaggia, all'entrata dei parchi dei bambini, a due passi dai templi del divertimento.
La Romagna è tutta una piadina; dovunque ti giri, la trovi.
Piero Meldini, scrittore riminese e storico della cucina romagnola, rintraccia le radici della piadina fin nell'antica Roma e cita Giovanni Pascoli che la chiama "pane rude di Roma".
La piadina è un alimento arcaico, povero, fatto di pochi ingredienti: farina, sale, strutto, acqua e bicarbonato.
Ha numerose sorelle sparse per il mondo, come lei fatte di impasto di cereali cotto su lastre di pietra o terracotta: dalla yufka turca alla rodha indiana, dalla burgutta eritrea alla taguella dei Tuareg.
Il momento ideale per mangiarle è a metà pomeriggio, quando l'appetito rispunta e la cena è ancora lontana, ma anche il popolo della notte è un affezionato cliente.
Il regista Federico Fellini non le ha mai dedicato una inquadratura, neppure in Amarcord che dell'amata Rimini era un ritratto fedele; tuttavia, a lui la "piada" piaceva da morire.
Al Grand Hotel si ricordano ancora di quando, prima di ogni altra cosa, la ordinava al camerieri, secca e appena uscita dalla piastra.
Fellini non era un gran mangiatore, ma alla piada non rinunciava mai.
Neppure durante i tanti incontri con l'amico poeta e sceneggiatore Tonino Guerra, pure lui riminese, ai tavoli di qualche osteria di Pennabilli e Santarcangelo di Romagna.

"Mo cus'ela 'sta pieda?" (ma cos'è questa piadina), come dicono da queste parti.

Già, facciamo chiarezza sulla piadina; anzi, sulle piadine, perché non ne esiste un solo tipo, ma almeno quattro.

Sottilissima e leggera nel Riminese, più alta e sostanziosa nel Ravennate, addirittura fritta nell'Imolese.
L'epicentro è il portocanale di Rimini dove si trovano sottili come un velo, poi man mano che ci si allontana sono sempre più elaborate e spesse.
Nel Ravennate aggiungono un po' di latte, un pizzico di miele, scorza di e olio extravergine d'oliva.
Sulla collina riminese ci mettono invece acqua calda, nei dintorni di Cattolica acqua minerale, verso Coriano vino bianco secco, a Cesena il lievito.
Al ristorante Da Fino a Riccione si vantano di farla ancora artigianalmente, tirata a mano dalle sfogline, senza nessun indugio alla modernità.

Lucio Dalla e Gianni Morandi, che si trovano spesso tra questi tavoli, non la lasciano mai nel piatto.

Diego Della Valle, l'inventore delle Tod's e delle Hogan, frequenta spesso la Riviera romagnola, non foss'altro perché qui si ritrovano anche Gianfranco Mattioli (di Ferré), Alberto Masotti (presidente della La Perla) e Mario Bandiera (di Les Copains).

Imprenditori affermati che non rinunciano ai piaceri della vita e che non dicono mai no alla fragranza di una piadina calda e croccante: e vanno a mangiarla anche loro da Fino, a qualunque ora, proprio come quando erano studenti.

Casadei, in viale Ceccarini, nella parte pedonalizzata, aveva una rosticceria dove faceva una piadina su misura, alla moda.

Adesso al posto della rosticceria ha aperto un negozio di moda.

Dalla piada all'abito, il passo sembra breve.

Jean-Paul Gaultier è approdato tre volte a Riccione dove ha animato le notti della discoteca Byblos fino al mattino: tra pesciolini fritti e fiumi di vino bianco, lei, la piadina. "Piaceva moltissimo allo stilista francese", ricordano i camerieri, "ce ne chiedeva continuamente".

Vivienne Westwood l'ha assaggiata per la prima volta nel 1997, quando ha partecipato a Moda e Musica a San Marino, Egon von Fúrstenberg, Raffaella Curiel, Lorenzo Riva, Gai Mattiolo e Raniero Gattinoni ne hanno fatto scorpacciate.

Ma la piadina è eccellente anche da Carlo, sempre a Riccione, ritrovo di tutti i vip dello spettacolo ma anche di politici buongustai come il ministro Beniamino Andreatta.

Racconta Fulvio Binotti, uno dei proprietari: "Qui si consumano i peccati di gola di volti noti, modelle, atleti, attrici".

La piada si mangia secca, così com'è.

Oppure piena: tagliata in due e riempita con prosciutto, salame, mozzarella e pomodoro, salsiccia, spinaci e stracchino...

Una variante più sostanziosa è il "cassone ai funghi, mozzarella e prosciutto cotto".

Naturalmente ci sono anche le piadine "afrodisiache" alla rucola e alici, o peperoni e salsiccia.

Al Bar Ilde, sulla strada che porta al Paradiso e al Bandiera Gialla, sfornano piadine dal 1961 e quella più richiesta è al prosciutto, formaggio fuso e rucola.
Oltre agli ingredienti noti, ci sono trucchi e segreti che rendono una piadina migliore di un'altra.
Scoprire quali sono è impresa ardua per chiunque.
Le azdore, le signore dei chioschi, si sigillano la bocca se si cerca di carpire qualche ricetta.
A Rimini, è stata organizzata la prima Scuola internazionale di piadina romagnola: vi hanno partecipato le migliori professioniste del mattarello della zona.
E qualche segreto è stato svelato.

Per esempio, se soffia il garbino, il vento che da altre parti si chiama libeccio, caldo e umido, allora è meglio non tirare la sfoglia e lasciar stare le piade.

L'impasto ne soffrirebbe e alla fine risulterebbe più moscio del previsto.

I guru del terziario piadaiolo, un settore alimentare fatto di laboratori artigiani, chioschi e bar, parlano col contagocce, quasi temessero spionaggi industriali.

Lo si capisce da come proteggono gli "s'ciador", i mattarelli in legno usati per tirar la sfoglia.

Ogni tipo di piada ha il suo: dimensioni diverse per compiti diversi.

"E' uno strumento di lavoro molto personale", spiega Marcello Zanni, titolare dell'omonimo ristorante a Villa Verrucchio.

E' lui a svelare la scoperta dell'acqua calda: "L'acqua calda, piuttosto che quella fredda, aiuta la piadina a "crescere"", dice.

"E' il risultato migliore si ottiene non sulle piastre, ma facendo ricorso al fuoco della legna, che con i suoi picchi di calore regala alle piadine le caratteristiche scottature, quasi un biglietto da visita".

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