La Storia |
Il primo documento storico conosciuto che parla della "piada", risale al 1371, alla descrizione della Romagna compilata dal Cardinale Angelico, nella quale tra i tributi che la città di Modigliana doveva pagare alla Camera Apostolica figuravano 2 "piade". Fu Giovanni Pascoli a dare dignità culturale alla "piada", un cibo povero diffuso tra i ceti meno abbienti. In varie sue opere Pascoli parla del "pane di Enea", del "pane rude di Roma", legando l'origine della "piada" alla latina "mensa", rinvenendola nel settimo canto dell'Eneide. In una nota di presentazione del poemetto "La Piada", pubblicata su "Vita Internazionale" nel 1900, Pascoli scriveva: "Piada, pieda, pida, pié, si chiama dai romagnoli la spianata di grano o di granoturco o mista, che è il cibo della povera gente; e si intride senza lievito; e si cuoce in una teglia di argilla, che si chiama testo, sopra il focolare, che si chiama arola...". L'ascendenza romana verrà poi ripresa anche nella tradizione culturale, che si andrà affermando con la rivista "La Pié", istituita nel 1920 da Aldo Spallicci. La "piada" diventava il simbolo della Romagna, sinonimo della casa, della terra natale. Max David, giornalista e scrittore, definiva la piadina come "la più romagnola delle specialità romagnole". a cura di Renato Lombardi |
La piadina nell'Italia antica |
Già gli abitanti delle palafitte lombarde del 1200 avanti Cristo usavano mangiare pagnotte impastate con farine varie e tali focacce azzime (senza lievito) venivano poi cotte su lastre arroventate (ma queste piade erano sicuramente molto dure ed indigeste). |
Nell'Italia antica furono probabilmente gli Etruschi ad insegnare alle popolazioni locali come cucinare i cereali (la farinata di cereali era infatti un piatto tipico etrusco). |
La piadina nella Roma antica |
Influenzati
dagli Etruschi i primi Romani cominciarono ad usare la spelta,
l'orzo,
la fava
e la veccia. |
Ceres, per i Sabini, era
il grano che dava la vita, il cereale per eccellenza ed a Roma diventò la
Dea delle messi. |
Il
primo cereale coltivato dai Romani fu l'orzo e con la sua farina
preparavano la puls (o farinata) e le piade
azzime ma l'orzo venne presto sostituito dal farro, un tipico grano
duro dell'alto Lazio, molto apprezzato ancora ai giorni nostri. |
Gli
sposi, durante il rito nuziale, usavano offrire a Giove una focaccia di
farro, la confarreatio. |
Il
grano sostituì il farro nel IV secolo avanti Cristo ed in quel periodo si
suole far risalire la comparsa del primo pane lievitato. |
Nel
100 avanti Cristo il pane lievitato aveva quasi soppiantato del tutto le
polentine di cereali, ma le piade azzime cotte sotto la cenere o nel forno
rimanevano le preferite. |
Queste
focacce erano apparse anche a Roma verso il 170 avanti Cristo
assomiglianti ad una specie di galletta bassa, scondita e piuttosto dura. |
Era
in ogni caso un cibo da ricchi nonostante che rimanessero commestibili per
poche ore dalla loro cottura poiché indurivano nel raffreddarsi fino a
divenire immangiabili. |
Come
le piadine dei nostri giorni anche queste gallette non si mangiavano mai
da sole ma si soleva accompagnarle con formaggio. |
Il
severo Catone era contrario al diffondersi di questo nuovo cibo fra la
popolazione di Roma perché, richiedendo un companatico, avrebbe reso
golosi e molli i suoi connazionali. |
Ma
il pane e le piade divennero ugualmente un elemento importante
nell'alimentazione romana così che la panificazione al mattino divenne un
rito austero, come lo era stato nel passato la preparazione della puls. |
Era così nata una nuova tradizione ed anche Catone, alla fine, cedette all'uso del pane azzimo; quando poi il pane lievitato si diffuse fortemente l'uso delle piadine azzime venne riservato ai soli fini religiosi. |
Di tutti i tipi di pane e focacce dei quali i romani divennero abilissimi nella preparazione vanno ricordati il clibanicus, specie di piadina distesa su di un coccio rovente e lasciata poi cadere semicotta sulla cenere calda; il facaceus, specie di pane dal quale deriva la nostra focaccia e che veniva condita in vari modi e ricoperta di semi di finocchio, di anice o di sedano; la tarunda, una schiacciata votiva di farro al miele. |
La piadina nel Medioevo |
Le
varie invasioni barbariche influenzarono, senza però sconvolgerle, le
abitudini alimentari delle popolazioni italiane. |
Nel
Medioevo il popolo mangiava solo quello che produceva o che trovava nel
bosco allo stato selvatico (in
pratica mangiava come il popolo romano)
ed i signori imponevano l'uso dei loro mulini per trarne guadagno così ciò
finiva per provocare grossi contrasti. |
In
questo periodo in Inghilterra nacque la parola Lord "signore
" che deriva dall'anglosassone Hlaford e che significa "guardiano
del pane", infatti il
signore era colui che distribuiva il pane, e la parola Lady "signora"
deriva dalla parola Hlaefdige, che significa "impastatrice
del pane" poiché la
moglie del signore era colei che, col suo seguito, produceva il pane che
il marito elargiva al popolo. |
Nel
1300, anno della peste, la classe contadina non ebbe più la possibilità
di mangiare il pane lievitato e tornò al consumo di polente, di farine
d'orzo e di focacce azzime fatte con cereali meno pregiati, con legumi
secchi e con ghiande. |
La piadina nel Rinascimento |
In
Europa, nel Rinascimento, si ha l'evoluzione dell'arte culinaria, nascono
le prime scuole culinarie nazionali e si formano i primi grandi cuochi. |
In
Italia ogni regione ha il suo pane e le focacce, soprattutto quelle non
lievitate, incominciano a perdere importanza; solo in certe regioni le
focacce azzime continuano ad essere consumate dai ceti sociali più poveri
soprattutto nei momenti di carestia. |
Chiamata
da Giovanni Pascoli il "Pane
rude di Roma", la
piadina è una schiacciata di farina di cereali azzima condita con strutto
di maiale o lardo cotta su di una lastra di pietra refrattaria o di
coccio, il cosiddetto "testo". |
L'etimologia
del termine piadina è incerto e probabilmente è collegata al greco
"plaukous " "focaccia
" e se si accetta tale ipotesi il termine deriverebbe quindi dalla
dominazione bizantina della Romagna. |
Queste
focacce nel 1500 venivano confezionate con cereali poveri, con fave, con
ghiande e con crusca e
nei periodi di carestia si aggiungevano, quali riempitivi, anche segatura
o peggio ancora (era inevitabile che con tali ingredienti le piadine non potevano essere
che azzime). |
La piadina nella Romagna del novecento |
Già
agli inizi del XX secolo la piadina ebbe un grande rilancio grazie alla
presenza della farina di mais che, mischiata a quella di grano tenero per
questioni più economiche che culinarie, serviva a preparare l'impasto. |
Le
bambine già all'età di cinque o sei anni imparavano a tirare la sfoglia
ed a cuocere nel testo le fragranti piadine farcendole con il tradizionale
salame fatto in casa, la salsiccia ai ferri, i cavoli lessati conditi con
olio, aglio e rosmarino, o con la coppa di testa (salume
speciale di preparazione simile al wurstel ma composto, anziché
di una
purea di carne magra, di cascami semigrassi della lavorazione delle carni
dell'orecchio e della testa del maiale cotti in poca acqua fino a produrre
una massa gelatinosa insaporita poi con
una spezia chiamata appunto "saporita"; questa veniva poi
insaccata in un grosso budello di colon o nella "mula " che
altro non era che la sacca dell'esofago). |
E la piadina, assieme alle altre specialità romagnole, iniziò a conquistare i turisti negli anni '40 e '50, quando cominciarono ad apparire lungo le strade statali che portavano al mare i primi chioschi che vendevano le piadine preparate al momento e gustate con la porchetta di maiale, le salsicce cotte alla brace, i cavoli, i pomodori e le melanzane gratinate e questa tradizione è proseguita fino ad oggi. |
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Oggi
è
aumentata l'offerta di cibi disponibili affiancando ai tradizionali
cassoni e alle piadine anche le specialità tipiche del "fastfood"
americano: hamburghers, hot-dogs, patatine fritte ecc...
ed anche le piadine sono cambiate nel frattempo; pochi in casa le
preparano al momento e chi si accontenta usa cucinarle precotte
ripassandole sulla piastra bollente per qualche secondo o, in casi
estremi, nel forno a micro-onde. |
Si
farciscono secondo canoni alimentari più attuali legati anche alle
esigenze "dietetiche"
della nuova generazione: insalata e pomodoro, rucola, verdure grigliate e
il tutto scondito o quasi, usando salumi preconfezionati e a poco costo,
formaggi morbidi e cremosi una volta inesistenti e la salsiccia, ahimé,
non è più la preferita. |
Oggi
la piadina romagnola è consumata giornalmente quasi come il pane; trova
il suo posto sia nella tavola delle famiglie sia nelle mense aziendali e
scolastiche, nei fastfood ma anche nei ristoranti tradizionali e negli
alberghi, un po'ovunque insomma. |
Ben
poche massaie, oramai anche loro sulla strada della "estinzione
", preparano o comunque sanno preparare una buona piadina; siamo
oramai abituati a trovarla al supermercato già bella e pronta ma se siamo
proprio dei buongustai andremo direttamente in uno dei numerosi "baracchini
della piadina" dove ce
la cuociono al momento e, incartata a dovere, arriverà calda e fragrante
fino a casa nostra. |
La piadina romagnola ha oramai superato quel processo di industrializzazione che ha portato questo alimento da un preparato strettamente familiare ad un bene di ordinario consumo (prodotto anche in grossi stabilimenti artigianali ed industriali) ed a questo punto nessuno si meravigli quando si dice che la piadina non è più un tipico alimento regionale perché le industrie, che ne producono in grandi quantità, le re-indirizzano su tutto il mercato italiano (al nord in particolare, nella misura di circa 500.000 pezzi alla settimana) e su quello estero (compresi gli Stati Uniti d'America, che ne fanno una richiesta complessiva per circa 20 milioni di pezzi annui). |