La preparazione... poetica

da PIADA "Romagna Città Futura"

Gianni Quondamatteo, impareggiabile studioso del costume romagnolo, nel suo "Grande dizionario e ricettario della Cucina romagnola" alla voce PIADA riferisce innanzitutto le differenti denominazioni dialettali: a Ravenna Faenza e Forlì si dice "pje", nella sola Ravenna anche "pjì" e "pjida", a Cesena e Rimini "pida", a Rimini città come in Valmarecchia "pièda".

In quanto alla ricetta ci dice che si tratta di: "pane improvvisato e primitivo, intriso con sola acqua, farina e sale (quando ce n'è); tirato, con il matterello, in dischi di svariato diametro (20-30 e più centimetri) e di spessore che non supera mai, a cottura ultimata, i tre quarti di centimetro", poi aggiunge: "Le piade, elementarmente confezionate come abbiamo detto, vengono depositate sul testo, in numero di una o due o tre, quando il testo è surriscaldato e vi si sgonnellan tuttavia le fiamme sotto: sono per lo più segnate in croce dalla reggitora, a volte incise, qua e là, con la punta di un coltello, nonchè sforacchiate, con le branche di una forchetta, durante la cottura".
Più avanti però dice che: "una buona piada è un insieme di ingredienti e capacità: farina buona, un pizzico di bicarbonato, di strutto o di latte se si vuole, perizia dell'impasto, sicura pratica nell'uso del matterello...".

Ecco che la ricetta non è più quella di prima, sono apparsi all'improvviso bicarbonato, latte e strutto e a proposito di quest'ultimo c'è da osservare che il poeta Aldo Spallicci dà la seguente formula dove lo strutto sarebbe addirittura mezzo chilo su un chilo di farina:

Un chilo di farina non troppo setacciata, e quindi non molto fine, un pizzico di bicarbonato di sodio (cinque grammi in tutto), mezzo chilogrammo di strutto e sale q.b. (come nelle prescrizioni mediche: quanto basta).

Si aggiunge acqua per fare un impasto che vuol essere piuttosto consistente.

Si distende poi col matterello sulla spianatoia sino a fame una bella luna rotonda e sottile e la si pone sul testo di terracotta o su di un foglio di pietra arenaria appoggiato sul treppiede e sotto cui deve ardere una bella fiamma di sarmenti e di foglie secche, perchè la cottura deve avvenire molto rapidamente.
Durante la rosolatura, mentre affiorano bollicine sulla pasta, si volta e si rivolta più volte la rotonda focaccia e s'imprimono qua e là le impronte della forchetta, che rimangono come ornamento screziato della piada.

E quando "I'odore del pane empie la casa" si toglie ancora ardente dal testo, si taglia a croce e le quattro quadre si allineano in piedi sopra il mantìle disteso sulla cornice della spianatoia.

Mezzo bruciacchiata e ancor calda, essa è un buon boccone, se c'è un formaggio fresco e burroso che faccia da companatico.
Fra due quadre si strizza lo squaquerone, che fugge ai margini, come una bianca spuma.
Questa ricetta lascia qualche dubbio per via della quantità di strutto, tant'è che il Quondamatteo quando la riporta nel suo "Dizionario della lingua Romagnola" ne modifica la dose in 50-100 grammi.

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