L'areale del Passatore

 

Come un lupo che la durezza dell'ambiente e la ferocia degli uomini rendono particolarmente diffidente, Stefano Pelloni ebbe un areale ben definito nei suoi confini, e anzi il suo istintivo attaccamento al territorio delle sue origini, come vedremo, fu tra le ragioni fondamentali della sua fine.

Braccato dal moltiplicarsi delle forze alla sua caccia, isolato e privato della rete di protezione e di rifugi che aveva saputo costruirsi, il Passatore, invece di cercare rifugio nell'alta Romagna, tra le foreste appenniniche, nelle vicine terre del Granducato di Toscana, che pure conosceva, inesplicabilmente e ciecamente indugiò nelle campagne intorno ai luoghi della sua nascita ed il 23 marzo 1851, a due passi da Boncellino, trovò la morte, quasi che, sentita vicina la fine, accettasse fatalmente il responso della tragica visitatrice e le andasse incontro.

(Nel territorio di Bagnacavallo, tra Cotignola e Russi, Boncellino era ancora, sul principio dell'Ottocento, un gruzzolo miserabile di case che contava circa 980 anime, raccolte sulla riva sinistra del Lamone, sperdute tra campagne di stoppie, macchie e coltivi).

L’areale del Passatore comprendeva l'intera Romagna, ed in particolare quella del Lughese e del Faentino, con numerose uscite nella Romagna medicea (che allora scendeva - come è noto - fino a Castrocaro ed a Modigliana), e nella cosiddetta Romagna ferrarese, nell'area valliva e paludosa a sud delle Valli di Comacchio (l'antico Padule), densa di acquitrini e di fiumi (il Reno e i suoi affluenti), in territori oggi di competenza dei Comuni di Lugo, Argenta, Conselice ed Alfonsine.

A sud del Faentino il Passatore dette vita a imprese memorabili a Forlimpopoli, Longiano e Sant'Arcangelo, che possiamo indicare come l'estremo limite meridionale del suo territorio, ampio ad occidente fino al crinale appenninico, nei territori del Granducato di Toscana.

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