GRADISCA

Rimini - 1 luglio 1996

Scuola internazionale di piadina romagnola.
"La piada della Romagna centrale"
Corso pratico per buongustai da spiaggia - a cura di Maria Cellini
di Simona Parri

Le insegnanti, matterello, "teggia" e tagliere alla mano divulgano il verbo del mangiare sincero e genuino agli alunni accorsi a decine.

In riva al mare, sotto al tendone "Gradisca", con i tavolini addobbati con i motivi romagnoli stampati a ruggine e gli immancabili salumi, si riuniscono discepoli da tutta Italia.

C'è la "sciura" bergamasca e la casalinga di Lodi, l'impiegata di Bologna con il marito che la guarda ed assaggia compiaciuto la piadina profana.

Tutti sulle orme della sagace azdora romagnola; per imparare il piatto "esotico" assaggiato sulle spiagge della villeggiatura.

Le "maestre" Maria e Carla Cellini, zia e nipote, impastano quindici chili di farina in quattro ore di esibizione, snocciolando tutti i segreti del mestiere, fiere del titolo di "piadaiole d'oro", premio riscosso nel 1995 ad un concorso regionale.

"La piadina nasce dal cuore, dalla passione e dal sacrificio", si affannano a predicare ai discepoli sbigottiti e infarinati.

"Forza signore, basta farina, acqua, strutto e lievito.

Noi la piadina la mangiamo sempre, al posto del pane: è semplice e si abbina bene con i mangiari sani delle nostre terre", predica la Carla, veterana della piada cesenate, quella un pò spessa.

E giù farina.

E impasta con le braccia indolenzite, stendi la pasta al punto giusto e girala e rigirala sul testo rovente di ghisa.

Le signore in costume sbuffano, mentre arrivano i mariti compiaciuti sicuri del figurone che farà il cibo verace una volta importato in Padania.

Arriva Luca il bagnino, capelli ribelli e occhiali a specchio, e viene accolto come un gallo nel pollaio.

A lui l'assaggio ufficiale, immortalato dalle telecamere Rai.

Buona, buona annuisce compiaciuto.

"Sarebbe ora che imparasse anche lei, signor bagnino".

"Me ag à imparè a fè la pièda? Sarebbe bella". E quando mai?

Impastano le amazzoni del "pane rude", che in riviera non ci si annoia proprio.

E poi non è mica finita.

"Vi aspettiamo domani - strilla l'organizzatore - vi insegneremo a cucinare la piadina sfogliata, poi quella di Cattolica, quella della Valmarecchia e quella fritta".

Bene, bene; pare che proprio a causa di una scorpacciata di piada fritta una fanciulla ci abbia rimesso la pelle: lo racconta un cronista ottocentesco, per cui la ragazza avrebbe fatto un'indigestione di cibo plebeo e uova sode.

Poi verrà il "cassone" afrodisiaco, che con il suo ripieno succulento non ha niente a che vedere con le piade ottocentesche a base di fave, crusca e cereali che Maria Pascoli cucinava al fratello Giovanni.

Si beano le neofite in grembiule, rifocillando prole e congiunti con le piadine e il salame.

Intanto tra un aneddoto e l'altro si è fatto mezzogiorno senza avere avuto neanche il tempo di toccare il bagnasciuga; Luca il bagnino si affretta a congedare le signore in "parananza", che la Maria oggi ha fatto la piada; quella di Rimini però.

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